Smart working fino a quando: psiche ai limiti di una crisi di nervi

smart working fino a quando

Smart working fino a quando? Sono già 9 mesi che la mia casa funge da ufficio…

Era un capodanno come tanti mentre festeggiavamo l’inizio del 2020 e nessuno avrebbe mai immaginato di lavorare in smart working, avevamo solo tanti sogni, speranze, buoni propositi e letto oroscopi  come da copione di un film già visto.

Un anno questo 2020 già programmato tra cose da fare, progetti e viaggi fino a quando iniziano le prime voci del virus, prima lontano e poi sempre più vicino a noi.

Siamo a fine marzo con un Italia blindata dove non si può  uscire da casa se non per lavoro o acquisto di beni di prima necessità.

L’ azienda dove lavoro ha sempre illustrato il lavoro da casa come una possibilità data in via del tutto eccezionale e ad personam solo in casi di malattia grave.

Una mattina invece ci hanno detto che massimo 2 giorni ( i tempi tecnici per organizzare il tutto) l’ ufficio sarebbe stato chiuso fino a data da destinarsi.

Tutto strano per noi che increduli ci guardavamo anche incapaci di capire come avremmo gestito il tutto.

Inizia questa nuova sfida con tutti i pro e contro, ma con la domanda smart working fino a quando?

I pro ovviamente sono tanti per me principalmente facendo la pendolare dal lunedì al sabato quali per esempio il risparmio economico  e di tempo.

Ma a fronte di cosa? Della consapevolezza che la situazione é critica, una catastrofe bella e buona e perdita della quotidianità.

Alzarsi la mattina all’alba, bere il caffè di corsa e indossare i vestiti che la sera prima ho preparato per non perdere tempo, entrare in macchina e percorrere quei 40 km con la musica sottofondo, attraversando paesi, vedere i ragazzi alla fermata dell’ autobus che vanno a scuola, il signore fuori dal bar che come ogni mattina legge il giornale. Volti ormai familiari che sembra di conoscerli, tanto da notare quando non ci sono.

L’ ultima settimana da pendolare la situazione era quasi al limite dell’assurdo: strade vuote, pochissimi autobus senza ragazzi, poche persone in strada con la mascherina e nemmeno il signore che legge il giornale fuori dal bar.

Da 4 giorni quindi mi alzo, faccio in tempo a riassettare casa, mi vesto con la prima cosa che capita e mi siedo davanti al computer, dai 40 km abbiamo decimato ad appena 4 metri. Durante il percorso vedo l’ aspirapolvere che non ho rimesso apposto, le facce delle mie figlie che si attrezzano col portatile a fare lezione on line, il raggio di sole che entra dalla finestra.

Dalla beggiatura elettronica siamo passati a quella virtuale in un gruppo Whatsapp con direttore, tutor e colleghi.

Il buongiorno ed un ” presente” per far capire che siamo pronti e che ” siamo entrati nel nostro ufficio”.

Mi posiziono al pc modalità smart working con  connessione al computer remoto.

La tazza del caffè é li affianco come anche  il telefono che ci serve per comunicare col nostro ufficio virtuale: briefing, alert, problemi vari e loro i nostri superiori, i nostri angeli, a supportarci assistendoci in tutto e controllando affinché tutto sia quasi perfetto.

Arriva la prima pausa da videoterminale che mentre prima serviva per andare al bagno e prendere un caffè ora mi consente di stendere il bucato o finire di fare altro, tanto il caffè é li nella moka vicino al computer.

Il caffè ora ha un sapore diverso, il sapore della solitudine, di questo cambiamento che nessuno avrebbe voluto. Un caffè triste perché non lo puoi condividere con la collega, perché in fondo il caffè è solo un pretesto per scambiare due parole.

I 15 minuti passano si ricomincia e dopo 2 ore arriva la seconda pausa e la storia si ripete, il bucato di prima lo posso raccogliere e finisco di bere il caffè dalla moka ormai freddo.

Passano altre due ore, finisco la mia giornata lavorativa in smart working, saluto tutti dalla chat con un ” a domani” e non devo prendere più la macchina, devo solo attraversare un corridoio.

Sono fortunata e privilegiata, dovrebbero esserlo tutti in questo momento, ma la verità é che mai come adesso apprezziamo la quotidianità, le cose di ogni giorno, le stesse cose che spesso ci fanno arrabbiare.

Passerà tutto questo, finiremo con lo smart working  e ritornerò nel mio ufficio arrivando il sabato stanca e sbraitando, ma sarò felice!

smart working fino a quando

 

Annalisa

Annalisa classe ‘77, salentina doc. Lavoro per un’azienda pubblica. Mamma e moglie sopra le righe.

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Una risposta

  1. Uno qualsiasi capitato per caso ha detto:

    Che dire… condivido…

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